Nel linguaggio comune il tema dell’adolescenza richiama il termine crisi, che assume diversi significati come confusione, indecisione, situazione vissuta come pericolosa, perdita di equilibrio, dove più niente e nitido, crisi di coppia, crisi con i genitori. In studio alcune delle domande più comuni che mi rivolgono i genitori o gli adolescenti è “Quando finirà questa crisi? Come gestisco il rapporto? Quali permessi dare?”

Guardando all’approccio psicoanalitico la crisi adolescenziale è una fase particolare dello sviluppo di personalità e assume questo nome perchè l’adolescente vive diversi cambiamenti. Con le modificazioni somatiche tipiche della preadolescenza quali lo sviluppo degli organi genitali, la comparsa dei primi flussi mestruali, l’erezione seguita dalla eiaculazione, il desiderio di avere rapporti sessuali e la consapevolezza che si può procreare cambia la percezione del proprio corpo. Come oggetto libidico esso può essere valorizzato, amato o odiato, diventare motivo di rivalità o sentimento di inferiorità perchè l’adolescente si interroga e si confronta con l’immagine che gli altri hanno di esso.

Freud scrive: “E’ normale per un adolescente comportarsi per un considerevole lasso di tempo in modo incoerente e imprevedibile; lottare contro i propri impulsi e soddisfarli; tenerli con successo sotto controllo e farsi prendere la mano da essi, amare i genitori e odiarli; rivoltarsi contro di loro e dipendere da loro; essere profondamente imbarazzati nel salutare la madre e poi desiderare di parlare a cuore aperto con lei; imitare gli altri e identificarsi con loro e allo stesso tempo cercare senza tregua una propria identità; essere più idealista, artista, generoso e altruista di quanto lo potrà essere poi nella vita; ma essere anche l’opposto: egocentrico, egoista, calcolatore. Queste fluttuazioni tra gli estremi verrebbero giudicate come anormali in qualsiasi altro stadio della vita. In questo periodo non significano altro che ci vuole del tempo prima che emerga una struttura adulta della personalità” (Marcelli D., Braconnier A., 2001, pag. 374).

Al cambiamento del corpo e delle pulsioni si aggiunge quella che la M. Malher definisce la seconda fase del processo di “separazione-individuazione”. Questa fase  è caratterizzata da un cambiamento nelle modalità di relazioni, di progetti e di piaceri che comportano la separazione dalle figure genitoriali e dalle figure di riferimento più importanti per iniziare il viaggio verso la scoperta dei propri valori, delle proprie regole, del proprio modo di essere e pensare, della propria identità. Secondo A. Freud l’adolescente elabora il lutto della perdita dell’oggetto primario e dell’oggetto edipico. L’adolescente per difendersi dal conflitto di ambivalenza, centrato sul legame con le sue immagini genitoriali, utilizza il meccanismo difensivo della scissione che si manifesta in bruschi cambiamenti di comportamenti, di pensieri.

Accanto al meccanismo di scissione in questa fase, l’adolescente può mettere in atto altri meccanismi quali l’identificazione proiettiva e la proiezione di tipo paranoide quando sente il mondo avverso e la necessità di proteggersi da esso.

Secondo Masterson la frequenza di questi meccanismi difensivi arcaici permettono di paragonare la crisi adolescenziale ad uno stato borderline transitorio.

Secondo E. H. Erikson la ricerca della propria identità è situata lungo tutto l’arco della vita. L’adolescente per poterla conquistare chiamato a gestire e superare un conflitto che lo porterà all’acquisizione del sentimento di appartenenza a un gruppo che confermi l’adeguatezza dei propri valori e del proprio modo di essere, quello che in analisi transazionale è l’acquisizione del permesso di Essere Sé Stessi.

Quando l’adolescente si confronta con inesperienza in prima persona di compiere una scelta e prendere delle decisioni circa l’università, un rapporto intimo, una situazione di competizione avverte una forte tensione. Questa, unita alle esperienze evolutive negative, alla percezione delle sue capacità di coping e problem solving, agli stili genitoriali acquisiti, alle tradizioni culturali entro le quali vive può generale un conflitto tra identità e confusione.

La prima caratteristica della confusione di identità è l’incapacità di avere rapporti interpersonali autentici, di stabilire un’intimità piacevole con gli amici, con il partner, scegliendo rapporti fallimentari o l’isolamento. Questo comporta un senso di inferiorità, di vergogna e di una disintegrazione del proprio sentimento di identità interiore. Un’ altra caratteristica è il disinteresse per la vita e il desiderio di morire con possibile passaggio all’atto o ancora scegliere un’identità negativa costituita dall’identificarsi con tutti quei ruoli e stati emozionali che negli stadi critici precedenti dello sviluppo ha vissuto come ostili e pericolosi.

Secondo Erikson la confusione di identità è il prolungamento patologico della crisi di identità, inevitabile in questa fase di cambiamento ed è legata alla ricerca di un nuovo senso di continuità e di unità che condurrà alla maturità sessuale.

Questa nuova identità nasce dal confronto con le altre manifestazioni di crisi di identità vissute nel passato. Nello specifico se dal primo stadio dello sviluppo il bambino ha portato con sé un forte bisogno di fiducia in se stesso e negli altri, da adolescente potrà essere diffidente e cercherà nel mondo esterno nuovi punti di riferimento.

Al secondo stadio se è prevalsa la lotta costante per l’autonomia, egli tenderà ad essere spaventato da qualsiasi limite e regola, tendendo a ricercare una piena libertà e opposizione al condizionamento.

Se da bambino le sue iniziative non sono state premiate o il suo potere immaginario non ha avuto limite, l’adolescente potrà avere una idealizzazione del , delle sue capacità ricorrendo a prove ambiziose smisurate cariche di sensi di colpa.

In ultimo se dalla fase di latenza l’adolescente porta con sé un senso di inferiorità o di competenza in un solo ambito, sarà possibile che cercherà soddisfazione e senso di identità nel valore intrinseco di tale attività, mettendo in secondo piano l’aspetto remunerativo o difficoltà oggettive. Conclude Erikson che l’identità va ricercata dall’adolescente e che vede la sua realizzazione nella capacità di separarsi dal mondo e dagli altri per trovare una propria intimità e una solidarietà con gli altri.

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Bibliografia

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Erikson E. H. (1950), Childhood and Society, New York, Norton, (trad. It.) Infanzia e società, Roma, Armando, 1966

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Fonagy P., Attaccamento, sviluppo del Sè e sua patologia nei disturbi di personalità, in PSYCHOMEDIA Telematic Review

Gambardella S., L?adolescenza tra normalità e patologia, 2015

Liotti G., Il nucleo del Disturbo Borderline di Personalità: un’ipotesi integrative, in PSYCHOMEDIA Telematic Review

Marcelli D., Braconnier A., Adolescenza e psicopatologia, Quinta Edizione Italiana, Masson Editore, 2001

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Romanini M.T., Il setting analitico transazionale nella psicoterapia dei bambini, Rivista italiana di analisi transazionale e metodologie psicoterapeutiche, n. 32, 1997, pp. 64-87

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